lunedì 16 luglio 2018

il riso del saluto


Con suo grande stupore, venne a sapere che quel bretteur, quel turbolento attaccabrighe di Dolochov viveva, a Mosca, con la vecchia madre e con una sorella gobba ed era il più tenero dei figli e dei fratelli.



Vago spesso con la testa e il cuore e mi perdo. Sono capace di perdermi un bel po', forse perchè sono passati troppi chilometri da casa. E quando è buio è davvero buio. Quando soffia il vento freddo è davvero freddo.


Poi una musica o due chiacchiere con qualcuno che appena conosco ma che ha un'anima come la mia mi riporta a casa. Dentro quell'anima che può chiamarsi amicizia piena. Di piacere, di parole, di storie, di senso e sentimenti. Riconoscersi anche senza conoscersi.

Sono solo, certamente. Non ti sbagli. Però ti sbagli anche. Sono solo con un bagaglio di persone (e libri, risate, sguardi) sulle spalle, una sopra l'altra, che pesano e mi scaldano. E' un'anima immensa, che ha camminato per mondi interi.

Un'anima così non si inventa dall'oggi al domani. Non ci puoi fare niente, se non ce l'hai non ce l'hai. Qui ti sbagli, certamente.

martedì 26 giugno 2018

Lettera a Luca Sofri, da un mediocre.


Facciamola semplice. Se qualcuno mi parla e mi convince più degli altri, io lo voto. Non voto quelli come me: io voto quelli che dicono le cose giuste, quelle che mi convincono, magari quelle che già pensavo o che mi illuminano e mi entrano subito in testa. E non è vero che non cerco il migliore. Le assicuro che non è vero che voto il mediocre. O "lo sbagliato". So bene che certe cose sono migliori di altre. So distinguere bene un calciatore più bravo da uno meno bravo, o le verdure migliori al mercato. So riconoscere chi in un programma televisivo è più convincente. Vedo tonnellate di talent show dove non si fa altro che lottare, discutere, analizzare e approfondire chi sia il migliore. E i peggiori sono sconfitti, piangono e si disperano. Non ho nessun pudore, come lo chiama lei, a dire che qualcuno è peggiore di altri. Io voto il migliore. Voglio il meglio per il mio paese e i miei figli.


In dieci anni ho votato un sacco di partiti diversi. Ho votato a destra e a sinistra, berlusconi bersani e grillo.

Mò ho votato salvini, non che mi piaccia tutto, ma spesso dice bene, parla bene. È il migliore che c'è in circolazione al momento. Magari poi voterò qualcun altro, se sarà il migliore.


Ho votato "coloro a cui attribuisco una più qualificata capacità di occuparsi dei miei destini". Se sarò deluso da questo investimento voterò qualcun altro, quando sarà il momento. Che altro devo fare?


Se non riesci a convincermi perché dovrei pensare che sei tu il migliore? Forse non ho studiato e letto e pensato abbastanza da poter capire quello che vuoi dirmi. Forse mio nonno aveva un rispetto per chi aveva studiato che io non ho, ma a me la parola rispetto fa pensare a qualcosa di religioso, o peggio: agli schiavi. Io sono libero, voglio capire le cose. Forse non capisco quasi niente, ma non sono suddito di qualcuno che ha scritto "migliore" sul biglietto da visita.


Dovrei fidarmi del biglietto da visita? Del titolo di studio? Del curriculum? Purtroppo non funziona quasi mai, e questo lo ha capito anche Lei. Ho ascoltato le lezioni dei miei professori pagando un sacco di soldi per l'università e ora sono disoccupato. Ho sborsato fior di quattrini in medici e grandi professori di oncologia ma mia madre è ugualmente morta di cancro. Ho creduto nel sogno europeo progettato da grandi scienziati politici e mi sono risvegliato pieno di debiti e con un cappio al collo chiamato banca centrale europea.


Preferisco ascoltare e cercare di capire. Giuro che sto attento. Giuro che discutere mi interessa. Sono italiano, non faccio altro. Pure Lei, signor Sofri, fa lo stesso. Anche Lei mette in dubbio, o per lo meno in discussione, le parole dell'istat, cioè degli esperti di una materia non sua.


So bene che uno come me non potrebbe andare in politica. A fare il presidente del consiglio io voglio uno bravo, uno che parla bene e pensa bene. Che mi convinca però. Non uno che non capisco e che però ha il biglietto da visita. Di quello non mi fido, perché secondo me non è capace.

(lettere non mia, a margine di un post di Luca Sofri, vecchio di diversi anni, ripubblicato in prima pagina su https://www.ilpost.it/ intorno al 25 giugno 2018)


domenica 22 aprile 2018

L'altro lato della luna di Michele Serra

Michele Serra dice (Amaca n. 2) che mondo assurdo: mi si accusa di classismo perchè ho sottolineato (Amaca n. 1) la differenza di classe e l'ignoranza alla base di un episodio di violenza. Dice anche Engels, Marx e Orwell oggi sarebbero considerati snob perchè notavano - parlandone male - le pessime condizioni del proletariato. E chiude dicendo indico con il dito la luna, ovvero la differenza di classe sottintendendo chi mi accusa di classismo guarda solo il dito.

Ma così facendo Michele Serra sposta l'attenzione su una sola metà del discorso, nascondendo l'altro lato della luna: "....da un lato ci inchioda alla struttura fortemente classista e conservatrice della nostra società ... dall'altro lato ci costringe a prendere atto della menzogna demagogica insita nel concetto stesso di populismo". (Amaca 1)

Cosa c'è di questo secondo lato nella Amaca n. 2? Sembra nulla, in realtà molto. Il "secondo lato", la menzogna del populismo, era ben illuminato nell'Amaca n. 1, condannato in quanto "consolatorio", invisibile ma presente nell'Amaca n.2, travestito da Berlusconi.

Il problema vero di Michele Serra è tutto qui, in questa reductio ad Berlusconem (che slitta appena la pochezza della riduzione a populismo) di un problema a cui la sinistra italiana ha contribuito tanto quanto, se non di più. La differenza di classe è una scelta consapevole di politica economica (scelta e consapevole sono due parole fondamentali a cui ho collegato due pagine diverse e ugualmente informative).

Berlusconi ieri e i nuovi populismi oggi sdoganano (giustificandoli) ignoranza e maleducazione: VERO e MALE. Ignoranza e maleducazione sono prodotti della differenza di classe: VERO. La sinistra ha sempre combattuto ignoranza e maleducazione: diciamo VERO, con un più o meno e tanta benevolenza. La sinistra ha sempre combattuto la differenza di classe: FALSO. Questo è il falso più grave che Michele Serra nasconde sotto due tappeti (due amache diciamo).

Stiamo attenti a questo Michele Serra (per il quale il nostro cuore batteva quasi trent'anni fa, ora di certo non più!). Non guardiamo il dito ma neanche la luna. Almeno non il lato che dice lui.

lunedì 19 febbraio 2018

Occhi che non si guardano

Oggi Francesco Costa (peraltro vicedirettore de ilpost.it ) ha pubblicato un articolo sul suo blog, linkato anche alla pagina web de ilpost.it , intitolato "Guardiamoci negli occhi".

Ispirato da un recente bell'articolo di Sergio Cesaratto, ho inviato a Costa una mail che riporto qui sotto (con gli errori di grammatica che c'erano, e di cui chiedo scusa).

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Caro Costa,

Dall'ultimo post sul suo blog imparo di avere due alternative. O so "che oggi in Italia c’è un solo grande partito in grado di farsi carico dell’immane responsabilità di governare la settima economia
del mondo", oppure non sono "un minimo serio e informato, e con un po’ di onestà intellettuale".

Il mio problema è che per governare la settima economia del mondo è necessario almeno sapere l'artimetica. A pag. 25 del programma leggo che l'obiettivo del pd è ridurre il rapporto debpub/pil al 100% in 10 anni (oggi è al 132%), questo equivale a una riduzione annua di circa 3% di pil: anche ammettendo di avere per 10 anni una crescita del pil reale del 1.5% e un'inflazione del 1.5% (entrambi obiettivi vicini ma non raggiunti) il suddetto obiettivo di riduzione "graduale" del debito si raggiungerebbe solo a patto di un pareggio di bilancio per 10 anni di seguito. Renzi ha criticato +europa per avere un programma (sui 5 anni) di austerità, ma qui se ne chiedono 10 - ciascuno della stessa intensità dei 5 della bonino - e si dichiara che è un programma "graduale". Si dice poi di voler
sostituire il fiscal compact eliminando l'obbligo di pareggio, e nel resto del programma si ripete più volte di sfruttare lo spazio del deficit al 3% concesso dall'eu per fare politiche di crescita.

Questo a mio parere è un programma truffa o semplicemente un programma scritto da qualcuno che non ha fatto i conti. In entrambi i casi non è un programma di governo.

A meno di non accettare un principio profodamente importante in politica: che non esiste un governo buono per tutti e che forse il pd potrebbe essere in grado di governare ma solo in nome degli stessi
interessi che hanno mosso la nomina di Mario Monti nel 2011 e il suo famigerato e (per le famiglie) fallimentare salva-italia. Interessi dei grandi gruppi industriali e finanziari, sempre meno
radicati in italia e sempre meno preoccupati di un crollo della nostra domanda interna e della capacità produttiva delle pmi.

Sono più o meno daccordo con lei sull'analisi degli altri partiti, ma questa andrebbe "onestamente" applicata anche al pd. Io, come lei, "sono un uomo, ho la cittadinanza italiana, ... sono
autosufficiente, sono eterosessuale e normodotato, sono bianco ... ho un lavoro stabile e che mi piace e uno stipendio che mi permette di vivere serenamente". La differenza è che ho vissuto una decina
di anni più di lei, e sono in grado di vedere cosa questo paese ha dato in cambio della linea politica mainstream degli ultimi 30 anni (basata su interessi bancari bassi, aumento degli investimenti
privati, riduzione della spesa pubblica, aumento dei diritti civili): ha ceduto il potere che i lavoratori avevano guadagnato per alcuni fortunati decenni del 20 secolo, facendoli arretrare
all'impotenza dei decenni precedenti, in nome di un "credete a noi imprenditori, lasciatevi schiavizzare e noi vi renderemo prosperi". E proclamando che non ci sono alternative, che così va il mondo, e che quella stagione di diritti è irripetibile.

A differenza di lei, inoltre, io sono un genitore e tra 30 anni i miei ora giovanissimi figli saranno ad una disperata ricerca di lavoro. Devo decidere ora se lasciare nelle loro mani un mondo in cui
il lavoro non c'è per misteriose leggi fisiche inderogabili oppure un mondo in cui è chiara l'esistenza di una lotta aperta tra chi vuole avere i diritti (non quelli civili che non costano nulla, ma
quelli sociali ed economici) e chi non vuole concederli.

Nessuno dei partiti da lei nominati è in grado di governare in nome dei miei interessi e dei miei figli. Questo, semplicemente, volevo dire.

Cordiali saluti

domenica 4 febbraio 2018

Domande per la sinistra, sincere

(post in progress)

1) che si deve fare - concretamete - di chi non ha i soldi per ripagare il proprio debito? Se è un figlio gli neghiamo la paghetta della settimana dopo, se è un mutuario gli ipotechiamo la casa, e se è un popolo?

2) paesi diversi hanno diverse storie e dunque diversi diritti sociali acquisiti, cosa devono fare di questi diritti quando decidono di unirsi per condividere un mercato dei beni, dei capitali e del lavoro? è giusto ridiscutere questi diritti? è sensato barattare i propri maggiori diritti per minori diritti e maggior apertura? viceversa, è sensato difendere i propri maggiori diritti con maggior chiusura? si parla di diritti sociali (socializzazione del prodotto nazionale) 

martedì 14 novembre 2017

Meglio tardi che mai

Da adolescente (quando il social network erano 10 amici a casa, prima o dopo una seduta di gioco di ruolo) ero un rompiscatole, volevo andare in fondo alle discussioni. Tirarle molto piu' per le lunghe della maggior parte di coloro con i quali discutevo. A volte perche' ero di coccio (cioe' alla fine capivo di aver sbagliato e semplicemente non ci ero arrivato prima). A volte perche' avevo ragione ma non volevano darmela. A volte perche' l'argomento era tosto e non era facile arrivare ad una conclusione. Per mia fortuna alcuni (pochi purtroppo) degli amici con cui discutevo erano disponibili a fare tardi la notte e continuare a discutere. La gran parte pero' pensavano che volessi solo perdere tempo.

Il risultato e' che oggi la gran parte di quelle persone si trovano ingarbugliate in infinite discussioni su facebook, twitter, sui blog, sulle pagine dei commenti dei quotidiani online, etc. Io partecipo molto poco (non zero, per la verita'). Ma la maggiorparte di queste discussioni mi sembrano antiche come il mondo: sono nuovi semplicemente coloro che ne discutono, e ho la presunzione di pensare che se questi nuovi hanno la mia eta' e' perche' spesso non mi hanno voluto seguire nelle discussioni da giovane. 

giovedì 26 ottobre 2017

La scienza e il neo-lberalismo

In un recente articolo sul Guardian l'autore (Stephan Metcalf) riassume l'avvento della filosofia di Hayek dal dopoguerra ad oggi. Filosofia che è rozzamente riassunta in: il mercato è in grado di regolare nella maniera ottimale ogni aspetto della società.

Ma per spiegare come il dilagare del neoliberalismo abbia portato a far vincere negli ultimi tempi movimenti politici che spesso dichiarano di odiare questa stessa filosofia, l'autore compie una strana contorsione.

Avrebbe potuto semplicemente dire "questa filosofia non funziona - il mercato non è ottimale - e il cittadino vota contro una visione fallimentare del mondo nell'unico modo in cui può" (il cittadino in effetti potrebbe fare meglio, ci fossero dei movimenti credibili e autorevoli che si dichiarano programmaticamente contro il neoliberalismo; in assenza di questi movimenti il cittadino finisce per abbracciare nazionalismi anche estremi, populismi confusi, leader senza alcun programma sensato, etc.).

L'autore invece sceglie di passare per un'idea giusta ma sbagliata.

L'autore scrive "What can’t be quantified must not be real, says the economist, and how do you measure the benefits of the core faiths of the enlightenment – namely, critical reasoning, personal autonomy and democratic self-government? When we abandoned, for its embarrassing residue of subjectivity, reason as a form of truth, and made science the sole arbiter of both the real and the true, we created a void that pseudo-science was happy to fill. The authority of the professor, the reformer, the legislator or the jurist does not derive from the market, but from humanistic values such as public spiritedness, conscience or the longing for justice. Long before the Trump administration started demeaning them, such figures had been drained of salience by an explanatory scheme that can’t explain them. Surely there is a connection between their growing irrelevance and the election of Trump, a creature of pure whim, a man without the principles or conviction to make for a coherent self."

Mi sembra una giusta intuizione (non voglio ovviamente dire che sia nuova) quella di legare l'esaltazione del mercato all'esaltazione del "quantitativismo". E quindi la negazione di ogni valore che non sia quantificabile, di tutti gli aspetti umani della ragione, cioè quegli aspetti che sfuggono alla volontà oggettivante della scienza. Mi sembra un'intuizione molto giusta quella che scienza e ragione non coincidono, che la prima è la disumanizzazione della seconda.

Mi sembra un'intuizione sbagliata quella di vedere la sconfitta del piano umano (e quindi di certe autorità, ad esempio quella del professore, del riformatore, del legislatore, del giurista e io aggiungerei anche del medico) come un fenomeno passivo e ineluttabile, deciso da altri fuori della propria sfera (ad esempio dai cittadini). Le autorità razionali ma umane hanno spesso abbracciato esse stesse la religione della quantificazione. Le università vogliono quantificare il valore dei docenti, degli studenti, dei corsi, etc. I medici vogliono misure oggettive e parametri condivisi. I legislatore vuole affidarsi alla democrazia diretta. Sono stati i detentori della ragione a cedere le armi alla scienza del prezzo e della quantità, vedendola come occasione per liberarsi di ogni responsabilità. Ma chi si deresponsabilizza finisce per perdere autorevolezza e quindi autorità. Se un medico dice "tutto quello che faccio è applicare La Scienza", un suo errore equivarrà a un fallimento de La Scienza. Il paziente curato male rifiuterà La Scienza, anzichè il suo medico.


Riassumendo. La ragione umana si è inginocchiata al suo lato disumano, la scienza-prezzo (così come il cittadino ha elevato il prezzo ad arbitro del proprio valore). La scienza però periodicamente fallisce, è un'impresa umana. Come il mercato. E così come da troppo mercato emergono i movimenti "anti-liberali", da troppa scienza emergono i movimenti anti-scientifici. Sono due fenomeni paralleli e in entrambi i casi i principali attori delle rispettive sfere (i politici e gli intellettuali) hanno scelto un fanatismo che prometteva efficienza senza responsabilità. Fallendo e subendo la punizione (scomposta e irrazionale) della democrazia.









mercoledì 13 settembre 2017

Diverse sovranità

"Contro la concezione tedesca della “sovranità statale”, di quella francese della “sovranità nazionale”, noi abbiamo affermato la “sovranità popolare” quindi democratica. A questo tipo di sovranità io tengo. E allora, quando arrivano al parlamento i “regolamenti comunitari” e ci si dice “sono obbligatori” perché così prevede il Trattato di Roma, io reagisco. A questo proposito ho fatto una lunga battaglia, mi pare nella legislatura passata. Sono riuscito, per tre anni, a tenere in scacco il governo sulla richiesta di delega per approvare questi, “regolamenti comunitari”, con provvedimento delegato. La mia battaglia non era contro il contenuto dei “regolamenti comunitari”, ma voleva sottolineare un aspetto costituzionale. Posi allora, e non solo io, ponemmo in parecchi - naturalmente fummo messi in minoranza - il problema della validità di questa norma del Trattato, perché, secondo la nostra Costituzione, le leggi vengono approvate dal parlamento: non ci può essere una legge, senza approvazione del parlamento. Quando si dice che un certo Trattato ha delegato ad un’Autorità Comunitaria la facoltà di emanare provvedimenti obbligatori, diciamo che quel Trattato dove va essere ratificato con legge costituzionale, perché era una modifica della costituzione. Senza legge costituzionale, a nostro avviso, quei Trattati, almeno per quel che si riferisce alla legge di ratifica, almeno per quanto riguarda quella disposizione, non potevano essere validi. Il parlamento non può essere spogliato della decisione. Naturalmente chi ha sostenuto questa tesi ha avuto torto. Dopo tre anni di battaglia sono state approvate quelle norme comunitarie che noi avevamo tenute ferme. Però io continuo a considerare che qui quello che conta non è che l’Italia viene spogliata della sovranità nazionale, ma viene spogliata della sovranità popolare, democratica, perché noi abbiamo degli organi, come la Commissione Comunitaria o degli organi puramente di potere esecutivo, come il Consiglio dei ministri, che approvano le disposizioni di legge, non avendone, il potere, secondo la nostra Costituzione. Si invoca sempre la norma per cui il Diritto Internazionale prevale sul Diritto Interno. In realtà questa è una norma che va sempre - come dire - bilanciata con le norme costituzionali, perché se dovesse essere interpretata altrimenti noi arriveremmo alle possibilità più assurde. Ripeto, quella che viene calpestata non è la sovranità nazionale, alla quale possiamo benissimo rinunciare, a condizione che sia rispettato, però, il fondamento della sovranità, che per noi è sempre il popolo e deve essere il popolo."

Lelio Basso, estratto di un intervento del giugno 1973, ad un convegno sul Federalismo europeo.

E oggi, detto piuttosto bene da Nello Preterossi in un intervento al convegno "Unione Europea, Lavoro, Democrazia. Contributi per il programma dell'alternativa" del 9/9/2017:

venerdì 1 settembre 2017

Domanda clandestina

Da questo spazio a misura nulla (tale che anche una singola visualizzazione è infinitamente improbabile), mi permetto di porre una domanda. Forse oziosa, qualcuno dirà paranoica.

Nel 2014 gli sbarchi annuali aumentano da 40mila a 170mila e a questo livello - con fluttuazioni - rimangono negli anni successivi (2015 e 2016, forse meno nel 2017 visti gli ultimi provvedimenti).

L'umanità parla a favore degli sbarcanti, una supposta necessità di "tenuta democratica" (considerata da alcuni - in maniera molto poco condivisibile - equivalente alla tenuta del partito democratico) e forse una lettura critica della storia economica del mondo danno ragione agli italiani.

La domanda è semplice: il brusco salto nel 2014 è un fatto naturale (spontaneo, dovuto come dice wikipedia alla nuova guerra civile in libia) o il risultato di una strategia?


ADDENDUM DEL 4/2/2018: un'intervista a Emma Bonino


domenica 27 agosto 2017

La scienza è democratica

Girando ho trovato un bel libro di Richard Feynmann che a pagina 186 dice delle cose che condivido pur non avendole mai pensate.

Another of the qualities of science is that it teaches the value of rational thought, as well as the importance of  freedom of thought; the positive results that come from doubting that the lessons are all true. You must here distinguish - especially in teaching—the science from the forms or procedures that are sometimes used in developing science. It is easy to say, "We write, experiment, and observe, and do this or that." You can copy that form exactly. But great religions are dissipated by following form without remembering the direct content of the teaching of the great leaders. In the same way it is possible to follow form and call it science but it is pseudoscience. In this way we all suffer from the kind of tyranny we have today in the many institutions that have come under the influence of pseudoscientific advisers.

We have many studies in teaching, for example, in which people make observations and they make lists and they do statistics, but they do not thereby become established science, established knowledge. They are merely an imitative form of science—like the South Sea Islanders making airfields, radio towers, out of wood, expecting a great airplane to arrive. They even build wooden airplanes of the same shape as they see in the foreigners' airfields around them, but strangely, they don't fly. The result of this pseudoscientific imitation is to produce experts, which many of you are-experts. You teachers who are really teaching children at the bottom of the heap, maybe you can doubt the experts once in a while. Learn from science that you must doubt the experts. As a matter of fact, I can also define science another way: Science is the belief in the ignorance of experts.

When someone says science teaches such and such, he is using the word incorrectly. Science doesn't teach it;  experience teaches it. If they say to you science has shown such and such, you might ask, "How does science show it—how did the scientists find out-how, what, where?" Not science has shown, but this experiment, this effect, has shown. And you have as much right as anyone else, upon hearing about the experiments (but we must listen to all the evidence), to judge whether a reusable conclusion has been arrived at.

In a field which is so complicated that true science is not yet able to get anywhere, we have to rely on a kind of old-fashioned wisdom, a king of definite straightforwardness. I am trying to inspire the teacher at the bottom to have some hope, and some self-confidence in common sense, and natural intelligence. The experts who are leading you may be wrong.

giovedì 13 luglio 2017

Il sistema debitistico

Domanda ingenua ma sincera. E se smettessimo di chiamare il nostro sistema economico "capitalistico" e imparassimo a chiamarlo col suo vero nome, cioè "debitistico"? Si cresce grazie ai debiti. Senza i debiti non si fa nulla. In un'economia pianificata il debito non serve, ci si mette a tavolino e si cresce secondo piano prestabilito. Il "capitale" è di tutti e non serve prestarlo per crescere.

Cambiare nome farebbe smettere di considerare immorale e riprovevole indebitarsi. Indebitarsi è il sale del nostro sistema. Il capitalista lo sa bene, il lavoratore se ne dimentica.

sabato 17 giugno 2017

La spirale

Crescendo, soprattutto da giovane, nelle età in cui più veloce evolveva il mio pensiero, ho sentito spesso come fosse un fatto concreto il susseguirsi di contrapposizione e superamento che qualcuno credo chiami dialettica. Che prendeva quasi sempre le fattezze di un banale "ah sì, ma io questa cosa qui l'ho già pensata e superata, e ora la penso diversamente". E che mi faceva sentire come sulla rampa di un garage a spirale, in continuo cambio di direzione, e soprattutto incrociando continuamente altri a qualche livello (secondo me inferiore, ma chissà quante volte mi sarò sbagliato) della stessa spirale, in direzione più o meno opposta. Per poi trovarmi qualche anno dopo più su, ma nella stessa direzione in cui andava quel qualcuno che pochi anni prima pensavo andasse nella direzione sbagliata. E alla fine penso di essere salito parecchio, e se non era salire era comunque un allontanarsi dal punto di partenza.

Questa immagine della rampa di garage che spiraleggia sembra descrivere quello che accade nel discorso collettivo "social" dei nostri ultimi giorni. Il vociare (o il pensare) della grande rete. Milioni di persone che salgono e si incrociano. E' un'immagine ottimista, secondo me. Andranno comunque lontano, anche se per ora sembra che si odiino e che non potranno capirsi mai.



giovedì 4 maggio 2017

Ris-post

Ho già varie volte parlato de Il Post, l'unico sito italiano di notizie che riesco a leggere e che (pur avendo molti difetti) stimola qualche mia riflessione. Parlandone ho sempre finito per menzionare il (peraltro) direttore Luca Sofri, che ogni tanto pubblica dei propri interventi firmati. Fino a qualche tempo fa lasciava aperta la possibilità di commentare, poi si vede che si è stufato. Una cosa che notavo è che alcune cose che scrive sono molto condivisibili, altre non lo sono affatto.

Gli ultimi suoi tre interventi (a distanza - peraltro - molto ravvicinata nel tempo, tutti tra il 1 e il 4 maggio) rientrano benissimo in questa storia di accordi o disaccordi radicali.

Nel primo dei tre, Tu chiamala se vuoi post verità, commenta un bell'articolo di Baricco. Baricco sostiene che il discorso sulla "post-verità" è una truffa: chi prima monopolizzava la verità (anche tradendola) oggi non riesce più a monopolizzarla, e quindi chiama "post-verità" la congerie di racconti mezzi falsi e mezzi veri proposti dal "popolo" (oggi dotato di una voce, il web) per cercare di ricacciare questi racconti nello spazio dell' "inaffidabile" e riconquistare il monopolio perduto. Riassumendo: non è che prima c'era la verità e oggi ci sono le bugie, piuttosto prima verità&bugie le raccontavano in pochi, mentre oggi lo fanno in molti, moltissimi. Non sembra che Baricco assegni un valore positivo o negativo a questa esplosione di voci. Ne assegna uno decisamente negativo a chi racconta questa esplosione di voci in termini di esplosione di bugie. Sofri dice di essere daccordo, ma si contraddice quando insiste che non bisogna "dare corda a chi sostiene che non ci sia niente di nuovo e le bugie ci sono sempre state". Qui Sofri e Baricco divergono. Per Sofri il nuovo sono proprie le bugie. Nelle ultime righe Sofri ribadisce il pensiero dell' "élite della ragione": "fatti e sapere sono importanti". La maggioranza non li considera più importanti, questa è la novità di oggi. Non posso essere più in disaccordo (come credo lo sia Baricco).  Certo che fatti e sapere sono importanti, e oggi come ieri questa importanza è riconosciuta, anche dalla maggioranza. La maggioranza vuole la verità, non la post-verità. Esattamente come ieri. La novità oggi è che alla ricerca della verità (con i suoi passi falsi voluti o no) concorrono miliardi di persone, invece che poche migliaia. E quindi i passi falsi (voluti o no) sono moltiplicati per un fattore un milione. Non c'è una soluzione veloce, bisogna aspettare che la discussione collettiva faccia emergere il pensiero critico nella collettività, così come nei secoli è emerso nelle élite. Accodarsi invece a chi dice che la verità non poggia più sulle vecchie basi solide dei fatti significa rischiare seriamente di accodarsi a chi in realtà pensa "la verità la voglio controllare solo io". 

Nel secondo dei tre, La democrazia dei crash, dice una cosa giustissima, cioè che la democrazia dei clic invocata da m5s è al momento irrealizzabile e Grillo (per quanto brillante e grande comico) è come uno scammer che manda mail truffaldine accusando chi non clicca sui link di essere retrogrado.

Nel terzo dei tre, Turarsi il nez, dice una cosa altrettanto giusta e ancora più importante. E cioè che turarsi il naso alle elezioni ha un effetto positivo e uno negativo: quello positivo è evitare che il candidato peggiore vada al governo, quello negativo è perpetuare il peggioramento (o la stazionaria mediocrità) della parte politica meno peggio, che si trova a ricevere un voto senza aver tentato di migliorarsi. Quella parte politica finisce per sentirsi "intoccabile", salvaguardata dal fatto che gli altri sono talmente "un rischio" che al momento del voto gli elettori si dovranno per forza turare il naso. Aggiungo di mio. Questo meccanismo non solo impigrisce quella parte politica, ma addirittura può spingerla a perpetuare il meccanismo stesso, favorendo l'emergere e il consolidarsi di forze politiche estremiste. Giocando col fuoco.


venerdì 31 marzo 2017

Fine, mezzi, ideologie

Un esempio ovvio della (trita) complessita' del mondo e' la (forse meno trita) osservazione che una gran parte dei fenomeni a cui assistiamo hanno molte - separate e spesso indipendenti - cause.

E che quindi ogni analisi di un fenomeno problematico che si concentra troppo su una sola causa, perorando la sua rimozione come mezzo per raggiungere rapidamente la soluzione, e' fallace.

Questa osservazione spesso manca. Ma a volte c'e' e - paradossalmente - e' usata nel modo sbagliato, ovvero per dimostrare che una certa causa non e' davvero una causa.

L'uso piu' elementare della logica ci insegna invece che una condizione puo' essere necessaria ma non sufficiente. E che dunque e' tanto sbagliato concentrarsi su una sola causa, quanto fare il suo opposto, cioe' dedurre dalla sua insufficienza la sua inesistenza.

Questi due errori speculari sono forse un'eredita' del nostro millenario monoteismo su cui si sono fondate filosofie, letterature e soprattutto politiche.

Mi pare nel 1990, pochi giorni dopo aver visto sul mio videoregistratore il documentario La cosa di Nanni Moretti (che per molti e' una lezione di cinema e di giornalismo, ma per me fu soprattutto affascinante angoscia, inorridita confusione: a 16 anni avevo appena cominciato a pensarmi comunista...) andato in onda troppo tardi sulla rai, la mia prof di Italiano ci parlo' di Machiavelli e Guicciardini e dopo diverse letture e lezioni ci chiese - forse un po' per gioco - di prendere una parte, dare una preferenza. Mi dispiacque scoprire che io preferivo Machiavelli e lei Guicciardini.

Forse oggi mi e' piu' chiaro che il fine puo' essere unico, ampio e universale, ma questa sua unita' non va estrapolata ai mezzi. Che sono tanti e diversi e possono persino essere in contrasto tra loro. Se - motivati da un fine sintetico - si cerca nei mezzi la stessa sintesi, si finisce per fare ideologia.

Tutto questo mi e' venuto da pensare, riflettendo su euro e no-euro, in questi giorni di dibattito che mi sembra sempre piu' popolato di sordi urlatori. Con pochissime (non necessariamente simpatiche, ma comunque illuminanti) eccezioni. Anche nel dibattito populisti/nazionalisti vs. liberali/globalisti, anche qui con pochissime eccezioni.




lunedì 13 marzo 2017

Un pensiero semplice, su genitori e figli

Spero di non sbagliarmi (uso il senso e l'esperienza, che è poca). Mi sembra che un genitore ha maggiori speranze di dare un contributo positivo alla crescita dei propri figli se è felice e consapevole delle ragioni di questa felicità. Parlo ovviamente di convergenze statistiche, in media, in varianza, in distribuzione, fate voi.

Vedo come un fatto positivo la percezione di frequenti momenti di piacere concreto e - insieme - la capacità di giustificarli, di contestualizzarli in un percorso di crescita personale.

Ad esempio: la lettura. Leggere è bello concretamente, non per principi tramandati e astratti. E' bello perchè riempie di divertimento molti pezzi di tempo e infonde nei nostri pensieri vagonate di storie e personaggi che arricchiscono le nostre conversazioni, illuminano il nostro stare con gli altri, il nostro guardare il mondo. Se ho avuto fortuna nell'innamorarmi è anche perchè ho letto molto. Se ho capito rapidamente che lavoro volevo fare (e ci ho azzeccato), è anche perchè ho letto molto.

Ma di esempi ce ne sono infiniti: tante cose della scuola "servono" alla felicità, alla libertà, al controllo della vita, anche solo a difendersi dalla tristezza o dalla depressione. E la scuola è piena di strade sbagliate, che diventano subito evidenti (e quindi giuste) se le si guarda alla luce della nostra felicità attuale.

Collegare le cose con cui siamo cresciuti alla nostra felicità è una chiave per essere genitori migliori.

martedì 28 febbraio 2017

La Post-verità

Come dicevo qualche mese fa, ho un solo posto dove mi fa piacere andare piu' volte al giorno per leggere le notizie, ilpost . Purtroppo anche quel post(o) li' non mi soddisfa fino in fondo. Pur abbracciando una filosofia corretta di verifica della notizia e di asciuttezza del racconto, pur spendendo molto (con ottimi risultati) nel tentativo di spiegare la complessita' dei fatti stando attenti, nei limiti del possibile, a non dare mai niente per scontato, ilpost e' permeato di una certo positivismo che non condivido e che e' solo in parte la diretta conseguenza della parte politica scelta (il pd possibilmente renziano).

Il post, nei panni del suo direttore (Luca Sofri) e dei suoi editorialisti (firmanti e non), ha una fiducia nella ragione e - conseguentemente - nella verita', che non mi soddisfa. Anche oggi, il direttore scrive un articolo sul panorama elettorale globale (crisi delle sinistre, populismi, trump+brexit etc. etc.) con diversi passaggi a mio avviso superficiali:


  • "I due appuntamenti elettorali più importanti dell’anno passato – negli Stati Uniti e Gran Bretagna – sono stati vinti da messaggi non solo di destra conservatrice, ma più propriamente di demagogia bugiarda e incompetente"
  • "Uno spettro si aggira per il mondo, e i giornali lo chiamano populismo per fare prima, ma è costituito sostanzialmente da due elementi psicologici che hanno attecchito in tantissimi individui: lo sdoganamento della rivendicazione dell’egoismo e dei propri piccoli interessi, e quello dell’ignoranza e dell’incompetenza "
  • "....con sprezzo del sapere, dei fatti, dello studio delle cose, del passato e del futuro"
Secondo il direttore del post gli elettori hanno smesso di cercare la conoscenza e la competenza, valori che distinguevano (e ancora distinguono) la sinistra, e per questo hanno smesso di votare in quella direzione. Ed e' un peccato perche' conoscenza e competenza erano garanzie di un bene diffuso e duraturo (in contrasto con l'ignoranza e la bugia demagogica che soddisfano i bisogni dei singoli sul breve periodo).

L'assunzione di fondo insomma e' una sostanziale equivalenza tra tre "cose": 1) ragione/competenza/studio, 2) partiti che si dichiarano di sinistra o progressisti, 3) benessere diffuso e duraturo. A me pare un punto di vista estremamente superficiale, grossolano, vago. Oserei dire cieco. Che non vuole capire. Che non sa dove andare.

In molti editoriali (ad esempio quelli che trattano i molti complessi aspetti dell'evoluzione del giornalismo moderno), Luca Sofri scrive cose che condivido e che mi appaiono intelligenti e approfondite. In altri (come in questo) dove si discute la trasformazione della societa' e della politica, noto sempre un'improvvisa caduta della qualita' dell'analisi, dell'attenzione ai dettagli, alle differenze, e all'evitare grandi generalizzazioni, idealismi e filosofie banali.

Personalmente ritengo che: 1) forse in Italia - per motivi storici particolari, perche' abbiamo avuto una destra che manganellava - c'e' una tendenza, per chi ha una certa attenzione allo studio, al sapere e alla competenza, a fare politica (o a votare) a sinistra; ma questo non e' un fatto che riguarda necessariamente tutti i paesi del mondo (certamente non riguarda stati uniti e inghilterra, i due principali evocati nell'editoriale); in ogni caso negli ultimi tempi ho la sensazione che la competenza abbia abbandonato anche la sinistra (ad esempio la sinistra italiana sta completamente rimuovendo il problema dell'analisi macro-economica, per paura di entrare in terreni "di destra", un fatto drammatico che quaranta anni fa sarebbe stato semplicemente ridicolo, essendo la lettura economica della realta' una prerogativa fondante di tutte le sinistre) ; 2) non e' affatto ovvio che in paesi con forti squilibri di distribuzione della ricchezza (e noi paesi "occidentali" siamo oggi molto piu' squilibrati di quaranta anni fa) la competenza sia per forza sinonimo di benessere diffuso: forse negli anni '70 si poteva avere fiducia cieca nelle buone intenzioni di uno studioso, ma oggi? come si puo' aver fiducia in un'analisi economica che sembra continuamente pilotata da interessi diversi da quelli dei cittadini? 3) i partiti cosiddetti progressisti non hanno le idee chiare su quale sia la strada verso un benessere diffuso e duraturo, negli anni 2013-2016 (fermandoci cioe' ai governi letta/renzi) il nostro pil e' stato mediamente fermo.




domenica 12 febbraio 2017

L'economia va insegnata dalla terza elementare.

Nel mio vagabondare, probabilmente zoppo, non trovo nessuno che lo dica così chiaro e tondo. Per cui lo faccio io.

L'economia è importante - per la vita di un cittadino libero - quanto la grammatica e l'aritmetica, quanto la geografia e la storia. Ne ha bisogno per respirare.

Il problema dell'economia, mi sembra, non è che sia più difficile della grammatica, dell'aritmetica, della geografia e della storia. Il problema è, forse, che l'economia è una storia di idee che si scontrano tra loro (e, più raramente, con l'empirico).

Va bene, sarebbe il caso comunque di insegnarla come tale, nelle scuole, fin dalle elementari. Servono profondi conoscitori di queste idee che sappiano metterle tutte in chiaro, nel loro susseguirsi logico e storico. Che scrivano un "sussidiario di economia" per bambini di otto anni.

E' un esercizio dal quale la stessa economia trarrebbe giovamento. Un bambino di otto anni non sa nulla di politica. Eppure si chiede cosa succede nel mondo, da dove arrivano i soldi, dove vanno. Da dove vengono le merci. Cos'è un lavoro, cos'è una tassa, cos'è un prezzo. L'economia è una visione aperta e completa del mondo, che per funzionare - per essere convincente - ha bisogno di mettere tutte le carte sul tavolo. E' una fisica degli scambi tra persone.

Forse non si insegna a scuola perchè non c'è mai stato nessuno capace di insegnarla. Questo non toglie che sia necessario provarci.

lunedì 30 gennaio 2017

Numeri

Mi piacciono di più le parole, ma capisco di più i numeri.

La fonte è l'istat e per il 2015 è ben riassunta qui



Italia popolazione

Il pil italiano nel 2015 è stato 1642 miliardi

Il volume di importazioni/esportazioni annuali del 2015 è di 443/493 miliardi (circa 30% del pil)


Italia stato

Il gettito fiscale nel 2015 è di 490 miliardi (30% del pil)

Il debito pubblico accumulato fino al 2015 è di 2170 miliardi (132% del pil) che implica una spesa annuale di 68 milardi annui di interessi passivi (3% del debito, 4% del pil)

Entrate e uscite della PA sono circa 785/828 miliardi: deficit di 43 miliardi (2,6% del pil)

Il saldo primario (entrate-uscite-interessi) del 2015 è stato di 25 miliardi (1,5% pil)



L'italiano in media produce 27mila euro l'anno, compra e vende circa 8mila euro di beni, paga circa 8mila euro di tasse. Lo stato ha un debito pregresso di circa 35mila euro per italiano, e per questo debito paga mille euro annui per italiano, se non pagasse questo debito sarebbe in attivo di 400 euro per italiano.

martedì 20 dicembre 2016

Vergebung


Al capitale fa comodo prestare.

Prestare è un modo giusto di colonizzare. 

Ora ti posseggo, ma è colpa tua.




Se esistesse con matematica certezza una strada (per quanto difficile da perseguire) di restituire il proprio debito, allora si potrebbe difendere l'identificazione debito=colpa. In questa ipotesi il rischio del credito sarebbe facilmente associabile alla scelta del debitore di peccare (cioè non seguire la strada che porta alla restituzione). La negazione del perdono avrebbe degli argomenti.


lunedì 12 dicembre 2016

La ricchezza (da solo)


”Dov’è il denaro per fare tutto questo?”. “Il denaro? – feci io – non costruirete mica le case col denaro? Volete dire che non ci sono abbastanza mattoni e calcina e acciaio e cemento?”. “Oh no – rispose – c’ è abbondanza di tutto questo. “Allora intendete dire che non ci sono abbastanza operai?”. “Gli operai ci sono, e anche gli architetti”. Bene, se ci sono mattoni, acciaio, cemento, operai e architetti, perché non trasformare in case tutti questi materiali?”.
(Keynes, intervista alla BBC 12/4/1942 - citata ad esempio da Report nella puntata "Gli austeri")


Vorrei scrivere un post essenziale, ma questa volta essenziale potrebbe non voler dire breve.

Mi guida l'ignoranza. Pensieri anarchici (e filosofici!) sull'economia. Che sono stati fatti da molti altri nel corso dei secoli e ripetuti, migliorati, digeriti (e defecati) centinaia di volte. Ma tanto nessuno mi legge e quindi non mi vergogno di essere vergognosamente ingenuo. So bene, ad ogni modo, che la storia dell'economia parte grosso modo da .

Mi guida anche (o soprattutto) una certa insoddisfazione. I testi di economia non sono chiari. Forse studiando di più lo diventerebbero. Anche un testo di fisica, persino uno divulgativo, può non essere chiaro a chi non ha studiato abbastanza. Daccordo. Ma c'è un però. La fisica la devono sapere i fisici, non è strettamente necessario che la sappiano i cittadini. L'economia invece sarebbe importante che la sapessero tutti. Per motivi misteriosi la fisica si studia a scuola, l'economia no...

Quindi provo a fare una cosa sbagliatissima. Provo a farmi l'economia.... da solo. E comincio appunto da una domanda che mi pongo spesso. Si può misurare la ricchezza? E se sì, come?



Nei fumetti la ricchezza è un forziere pieno di monete. Per un cittadino "medio" come me, il concetto ingenuo ricchezza = soldi in banca può essere un punto di partenza non troppo ridicolo. Ma.

Usiamo i soldi "posseduti" per misurare la ricchezza di qualunque entità? Ad esempio: c'è il conto in banca dello stato? La banca d'italia ha un forziere? Incredibile a dirsi, la risposta è sì. Nel forziere della banca d'Italia ci sono 2452 tonnellate d'oro, un valore di circa 77 miliardi di euro, quarta riserva al mondo (dopo fed, buba e fmi). Non è poco, ma neanche tantissimo: poco più di 1000 euro a persona... Non è certo questa la ricchezza dello Stato Italiano. Nè tantomeno quella degli italiani.

Esistono altre forme di ricchezza materiale: cose che hanno un valore e che non sono soldi o metalli preziosi. Io ho una casa. Lo stato ha palazzi, monumenti, il demanio, il territorio. Un imprenditore ha i mezzi di produzione, essenziali alla creazione di nuova ricchezza. E poi esistono forme di ricchezza immateriale: c'è la conoscenza (ad esempio tecnologica), c'è la salute (signora mia). E soprattutto c'è il credito. E questo mi ricorda che ho un mutuo da pagare.



Il credito complica parecchio le cose: per misurare la mia ricchezza devo sottrarre dal conto in banca il totale del mutuo da restituire (inclusi gli interessi)? Se lo facessi (e se non contassi il valore dell'appartamento che ho comprato, insistendo a guardare solo il conto in banca) sarei enormemente in rosso, ma è chiaro che non ha molto senso: infatti se la banca mi ha prestato dei soldi è perché ha fiducia in me, sa che glieli restituisco in 30 anni, posso dimenticarmene e continuare a condurre la mia vita da benestante. Quindi non sono mostruosamente povero, sono solo un normale debitore. E la banca che mi ha prestato i soldi? Li conta come suoi, o no, quei soldi che mi ha prestato? Quelli sono i soldi dei correntisti, li deve contare per forza come suoi. Quei soldi insomma ce li abbiamo sia io sia la banca che me li ha prestati. Meglio: non ce li ho più io, ma il signore che mi ha venduto casa, che li avrà messi nella sua banca (se non ci si è comprato un'altra casa). Quindi quei soldi ce li ha la mia banca e un'altra banca. Questa storia lo so come va a finire: grazie all'obbligo di riserva le banche non possono moltiplicare all'infinito la ricchezza (comunque virtuale, visto che in tutti questi prestiti e acquisti di soldi veri se ne vedono pochissimi). Ma ora questo discorso non mi interessa tanto, almeno per il momento.

Resta il fatto che quando il credito compare sulla scena, il discorso sulla ricchezza diventa sfuggente, si ingarbuglia, perde di oggettività. Un commercialista, immagino, sa come gestire crediti e debiti dal punto di vista contabile. Un bilancio dovrebbe contenere la ricetta giusta per risolvere il mio problema (misurare la ricchezza di una persona, di un'imprenditore, di uno stato, di un paese). In effetti in un bilancio contano le derivate, se nel tempo la ricchezza entra o esce, se i debiti aumentano o diminuiscono, se i debitori pagano, se i creditori hanno fiducia etc. Ed è vero che un certo grado di ambiguità c'è: le cifre nei bilanci possono avere diverse interpretazioni, ci si possono leggere sfumature diverse. Si tratta soprattutto di un'informazione dinamica. Produzione, consumo, entrate, uscite, debiti, crediti.

E così anche per un paese. So che la macroeconomia ha stabilito nel corso dei secoli gli indicatori di contabilità che misurano la dinamica della ricchezza di un paese: il famigerato pil - che a quanto pare era com'è oggi già nella testa di Adam Smith (fine del '700) - ci dice subito che il conto in banca non ci interessa, ma ci interessa quello che compriamo (o - equivalentemente - quello che produciamo).

Ma se la ricchezza di un paese è quel che produce, come fa qualcuno a dire "non si produce perchè non ci sono i soldi per farlo"? Che vuol dire? Per produrre di più devo produrre di più?


Mi viene in mente un concetto semplice della meccanica: la barriera di potenziale. Se qualcuno mi presta dell'energia supero la barriera e magari dall'altra parte trovo un minimo più profondo, restituisco l'energia che mi hanno prestato e ne ho dell'altra tutta per me. I progressi tecnologici degli ultimi secoli sono anche questo: barriere di potenziale scoperte e superate. Investimenti (energia pagata per scavalcare un ostacolo) che hanno spalancato grandi ritorni economici, o immensi giacimenti di energia. L'energia nucleare è un esempio, tanto quanto il benessere occidentale. Queste ricchezze erano nel nostro pianeta, nascoste in una maniera solo apparentemente diversa da un filone d'oro. La ricchezza dunque è nascosta in "dimensioni" che non conosciamo. E se non le conosciamo sono potenzialmente infinite.

E' soltanto questo? Se siamo poveri (meglio: non abbastanza ricchi) è perché non abbiamo trovato nuova ricchezza, dobbiamo continuare a cercare?

Sarebbe così se la ricchezza, man mano che sgorga dai giacimenti dimensionali, si distribuisse ragionevolmente tra tutti. Gli economisti che mi sembrano amichevoli (studierò, prometto) giurano che la "distribuzione della ricchezza" è il risultato di una contrattazione tra gli uomini, tra gli stati e tra le classi sociali, e non il risultato inderogabile di un bilancio tra forze su cui non possiamo agire.

La ricchezza che già c'è nel mondo, nel corso degli ultimi decenni ha cambiato mano molte volte. Abbiamo avuto anni, in occidente, di crescita del benessere collettivo. La direzione è poi cambiata e al benessere collettivo è rimasta un'inerzia in via di smorzamento. Negli stati uniti ad esempio è successo questo:


Ma se quel che ho scritto finora ha un senso, è chiaro che questo scollamento tra produzione e retribuzioni non può finire bene. La ricchezza che non è andata distribuita, dov'è finita? In qualche forziere? Ma non significa questo tornare a nasconderla? La prima naturale risposta è che (buona parte di) quel che non finisce in retribuzione finisce in capitale per nuovi investimenti. Si potrebbe ad esempio pensare che la differenza tra la curva blu e la rossa qui sopra sia stata investita in altri stati e che quindi sia andata a generare (dissotterrare) ricchezza in altre parti del mondo. E' un'ipotesi ottimistica, ma di sicuro negli ultimi decenni c'è stato un aumento degli standard di vita in molti paesi fuori dal "circolo" dei paesi occidentali già ricchi. Le cose sembrerebbero tornare (che tornino quantitativamente è tutto da vedere, chissà se qualcuno ha mai analizzato flussi globali di quesot tipo). A quanto pare però le cose non tornano più tanto negli ultimi tempi. 

Azzardo una conclusione "poetica". La ricchezza non è un dato materiale che può esaurirsi, è piuttosto un continuo scaturire dalla "terra" (una terra metaforica, una miniera infinita), tramite lavoro, inventiva e organizzazione. I soldi non servono.

(Pochi giorni dopo questo post un amico mi ha fatto notare questa bellissima infografica )

(e qualche giorno dopo ancora ho scoperto questo interessante dibattito tra (neo?)liberisti sul perchè dei - persistentemente - bassissimi tassi di interesse, da cui emerge (cioè gli è sfuggita) un'interessante verità: il global saving glut concetto proposto nel 2005 da Bernanke e ritirato fuori sempre da lui nel 2015 anche se non del tutto accettato come spiegazione da noisefromamerika)

(e qualche giorno dopo ancora ho scoperto che c'è un simpatico dibattito in corso su come misurare la ricchezza nel mondo: Oxfam ha pubblicato un rapporto sulla diseguaglianza globale misurando la ricchezza sulla base di un rapporto di CreditSuisse in cui i debiti vengono sottratti per determinare il patrimonio degli individui; il giornalista Felix Salmon ha criticato questa scelta, Oxfam ha risposto e Salmon ha risposto ancora)

lunedì 14 novembre 2016

Accanto a me

Certe verità scientifiche sono più sconvolgenti quando parlano la lingua dei nostri sogni. Che il tempo sia come lo spazio, una dimensione tra le altre, squadernato (o squadernabile) come carta geografica sul tavolo del navigatore, è un segreto che abbiamo sempre avuto nel cuore. Certi noi stessi del passato, lontanissimi e quasi incomprensibili, sono qui accanto a noi che ci guardano. Li intravediamo all'improvviso, una sera che la nostra vita per caso incrocia un frammento di reminiscenza. Ad esempio qualche minuto di una diretta video di prince faster, che sembra proprio quel me stesso che non è voluto salire sul treno mentre io ci balzavo sopra. Il treno ripassa dalle sue parti, e lui è lì che mette dischi, più vecchio di vent'anni, non particolarmente felice. Ci guardiamo attraverso il finestrino, per qualche secondo.

Siamo tutti qui, insieme, soli.


domenica 6 novembre 2016

Internet è piena di informazione incomprensibile

Il titolo di questo post è volutamente poco oggettivo (ognuno comprende cose diverse), poco quantificabile (non è sempre ovvio dire chi ha capito e chi no), poco verificabile (chi potrebbe mai fare un esperimento, una misura, in proposito?), e forse non si può neanche interpretare nel senso della percezione comune: temo che molti ritengano di capire tutto quel che leggono, cioè che l'incomprensione di cui parlo sia inconsapevole ai più.

Ogni giorno mi capitano degli esempi. Articoli, post di blog, twitter, video, interviste, che ambiscono ad analisi profonde e di grande interesse generale, e che spesso hanno anche un "odore comprensibile" (cioè una lettura superficiale, saltando tutti i punti "tecnici", suona piuttosto chiara), ma che in realtà poggiano su conoscenze specialistiche condivise da pochissimi. Accade soprattutto nella divulgazione scientifica e nell'analisi delle questioni economiche.

Probabilmente è un problema che appartiene all'informazione aldilà (prima e aldifuori) di internet, cioè al vecchio giornalismo, ma internet oggi è una miniera di informazione (e certo raramente di vero giornalismo) di profondità incalcolabile e senza alcun paragone con quel che c'è al suo di fuori.

L'esempio di oggi è un articolo che mi pare interessante, pubblicato su project syndicate , e tradotto su vocidall'estero , che è un sito di controinformazione sull'europa e non solo. E' chiaramente un articolo per "educati" eppure sarà stato letto e capito (?) da una platea molto eterogenea che include i veri "educati" (chi ha studiato in qualche forma più o meno accademica l'economia), i "maleducati" (tipo me, cioè chi ha studiato soprattutto su internet e sui blog), e i "noneducati" (cioè chi non ha fatto neanche quello). La mia presunzione è che i primi siano pochissimi, e la maggioranza stia tra i secondi e i terzi.

Proverò in un prossimo futuro a fare un'analisi del testo e mettermi alla prova, per vedere se (come esponente dei maleducati) posso dire di aver capito oppure no. Il mio sentimento (senza questa analisi) è già molto pessimista....

mercoledì 28 settembre 2016

Appunti per aiutare chi legge un giornale solo (post davvero molto in progress)

"We are, in the autumn of 1931, resting ourselves in a quiet pool between two waterfalls"


1) I problemi del mercato
  • Una figura per tutte, per ricordare chi ha vinto la lotta di classe
  • Una raccolta di saggi di Keynes che si leggono come fosse oggi
  • HOW WILL CAPITALISM END? Wolfgang Streeck [New Left Review, 2014]
  • Fifteen Fatal Fallacies of Financial Fundamentalism (W. Vickrey, premio nobel per l'economia) [Sito Columbia University, 1996], pubblicato su Proc. Nat. Acad. Sci. USA vol. 95, pag. 1340 (1998)
  • David Graeber, antropologo inglese, su come la moneta NON nasce dal baratto [NakedCapitalism 11-9-2011]
  • Grande svalutazione esterna non corrisponde mai a grande inflazione interna [Burnstein, Eichenbaum and Rebelo, NBER Working Papers 2002]
  • La crisi non era di debito pubblico [Bagnai 30/6/2016]
  • La flessibilità del lavoro in italia ha frenato la produttività [Bagnai 1-5-2013]
  • Serie econometriche da non dimenticare: disoccupazioneproduzione industriale, e cambio con la cina [Bagnai]
  • Il salvataggio delle banche tedesche [sole24ore ott 2011]
  • Ancora sull'illogica dei meccanismi di salvataggio bancari [corriere nov 2015]
  • Anche i tedeschi non sono daccordo coi tedeschi [repubblica giugno 2016]
  • Un documento dell'ILO (agenzia Onu per il lavoro) che a pag. 46 spiega i problemi creati dalle politiche di deflazione salariale tedesche  e a pag. 87 che "Higher government spending does not need to increase public debt" [ILO 2012]
  • Un buon riepilogo, con prospettva storica, del mercantilismo tedesco, da Gawronski sul fatto, il 18/2/2017
  • Americani contro Tedeschi dalla seconda guerra mondiali, da Gawronski sul fatto, il 1/6/2017
  • Un articolo radicale (di forte critica alle banche) dell'IMF discusso in debunkingeconomics [2-11-2012]
  • Il guardian (e il labour) sulla strada giusta: [The free market isn’t working – and Labour now dares to say so, Clive Lewis, 5/1/2017]  [Liberalism is suffering but democracy is doing just fine, Kenan Malik, 1/1/2017]
  • Sulla repressione dei mercati finanziari nei trentanni dorati keynesblog
  • Ancora sulla quota salarisecondo fmi [repubblica aprile 2017]
  • Rethinking economics: studenti inglesi che insorgono contro l'insegnamento dell'economia e scrivono un libro
  • Reteaching economics: la risposta degli accademici agli studenti di cui sopra
  • "bad economics leads to bad politics" [Larry Elliott, The Guardian 19/6/2016]
  • MINSKY: Reforming economics with visual monetary modeling   Steve Keen
  • Cina vs Germania [chinese social science today, 7-3-2016]
  • Voci di fisici che fanno anche gli economisti: Bouchaud su Nature, 30-10-2008
  • E sguardo sistematico ai vari volti della complexity economics [Arne Heise 2016]
  • Consigli di G. Zezza su articoli e libri da leggere: su secular stagnation e distribution and growth after Keynes
  • Da almeno due anni avevo notato alcune rassomiglianze fra la situazione che si era determinata in America negli anni Venti del secolo scorso, un periodo che sboccò nella più grave depressione nella storia del capitalismo, e la situazione che si andava delineando oggi in America. Le principali rassomiglianze consistevano nella rilevanza di certe innovazioni (elettricità e automobili negli anni Venti, elettronica, informatica e telecomunicazioni nel nostro tempo); nella formazione e nella diffusione di profitti alti e crescenti, dapprima nelle industrie nuove e poi via via nelle altre; nella speculazione di borsa, alimentata non solo dai profitti realizzati, ma anche dalle aspettative di profitti crescenti; nell'indebitamento a breve e a lungo termine legato alle occasioni, per le imprese, di investire in impianti e di acquisire nuove imprese e, per le famiglie, in beni durevoli di consumo, come gli immobili. Fenomeni simili potevano essere notati anche in Giappone, la cui economia, fino a pochi anni fa, era la più dinamica del mondo. Per interpretare il processo di sviluppo ciclico, tre fenomeni meritavano e meritano particolare attenzione, oltre le grandi innovazioni: la distribuzione del reddito, le forme di mercato e la sostenibilità dei debiti. Il motore dello sviluppo ciclico è costituito dalle innovazioni: più sono importanti, più sono diffuse le occasioni di investimento che offrono e più dura la fase di prosperità. Al tempo stesso, però, sono più vigorose le ondate speculative, più frequenti sono gli errori dei manager e più crescono i debiti, le cui dimensioni, cessata la prosperità, condizionano la durata della crisi. [Paolo Sylos Labini, Le prospettive dell'economia mondiale, settembre 2003, tradotto in italiano nel 2009]
  • Rethinking Economics di Bologna, intervista a Prodi e Brancaccio su youtube (marzo 2017)
  • Il [sito dell'Institute for the New Economic Thinking con un articolo interessante sulla storia del pensiero economico
  • Richard M. Goodwin un punto di partenza per un approccio "dynamical system" (o population dynamics) di ispirazione keynesiana/marxista alla macroeconomica
  • Una breve dispensa che riassume la galassia post-keynesiana


2) I problemi della moneta unica (e dell'europa come e' stata costruita negli ultimi 40 anni)


3) I problemi della sinistra in Italia e fuori (da 40 anni a questa parte...)



  • I partiti di sinistra europei devono cambiare, W. Munchau su Financial Times, qui tradotto
  • Elizabeth Warren (contro il ttp e a favore della reintroduzione del glass-steagall act) pronuncia un lucido discorso sulla storia e il declino della middleclass americana
  • Il "compagno" Ken Loach su Corbyn, [the guardian 28/2/2017]
  • Un lungo commento sulla storia del socialismo tra russia ed europa, partendo da Lenin e arrivando a noi [Mimmo Porcaro su socialismo.it, dicembre 2017]
  • Why Brexit Is Best for Britain: The Left-Wing Case [the New York Times, 28/3/2017]
  • On the Slogan for a United States of Europe [V. I. Lenin, 1915]


  • 4) I problemi della competenza (o degli esperti, della verita', della scienza, di tutto....)