Visualizzazione post con etichetta scienza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta scienza. Mostra tutti i post

giovedì 26 ottobre 2017

La scienza e il neo-lberalismo

In un recente articolo sul Guardian l'autore (Stephan Metcalf) riassume l'avvento della filosofia di Hayek dal dopoguerra ad oggi. Filosofia che è rozzamente riassunta in: il mercato è in grado di regolare nella maniera ottimale ogni aspetto della società.

Ma per spiegare come il dilagare del neoliberalismo abbia portato a far vincere negli ultimi tempi movimenti politici che spesso dichiarano di odiare questa stessa filosofia, l'autore compie una strana contorsione.

Avrebbe potuto semplicemente dire "questa filosofia non funziona - il mercato non è ottimale - e il cittadino vota contro una visione fallimentare del mondo nell'unico modo in cui può" (il cittadino in effetti potrebbe fare meglio, ci fossero dei movimenti credibili e autorevoli che si dichiarano programmaticamente contro il neoliberalismo; in assenza di questi movimenti il cittadino finisce per abbracciare nazionalismi anche estremi, populismi confusi, leader senza alcun programma sensato, etc.).

L'autore invece sceglie di passare per un'idea giusta ma sbagliata.

L'autore scrive "What can’t be quantified must not be real, says the economist, and how do you measure the benefits of the core faiths of the enlightenment – namely, critical reasoning, personal autonomy and democratic self-government? When we abandoned, for its embarrassing residue of subjectivity, reason as a form of truth, and made science the sole arbiter of both the real and the true, we created a void that pseudo-science was happy to fill. The authority of the professor, the reformer, the legislator or the jurist does not derive from the market, but from humanistic values such as public spiritedness, conscience or the longing for justice. Long before the Trump administration started demeaning them, such figures had been drained of salience by an explanatory scheme that can’t explain them. Surely there is a connection between their growing irrelevance and the election of Trump, a creature of pure whim, a man without the principles or conviction to make for a coherent self."

Mi sembra una giusta intuizione (non voglio ovviamente dire che sia nuova) quella di legare l'esaltazione del mercato all'esaltazione del "quantitativismo". E quindi la negazione di ogni valore che non sia quantificabile, di tutti gli aspetti umani della ragione, cioè quegli aspetti che sfuggono alla volontà oggettivante della scienza. Mi sembra un'intuizione molto giusta quella che scienza e ragione non coincidono, che la prima è la disumanizzazione della seconda.

Mi sembra un'intuizione sbagliata quella di vedere la sconfitta del piano umano (e quindi di certe autorità, ad esempio quella del professore, del riformatore, del legislatore, del giurista e io aggiungerei anche del medico) come un fenomeno passivo e ineluttabile, deciso da altri fuori della propria sfera (ad esempio dai cittadini). Le autorità razionali ma umane hanno spesso abbracciato esse stesse la religione della quantificazione. Le università vogliono quantificare il valore dei docenti, degli studenti, dei corsi, etc. I medici vogliono misure oggettive e parametri condivisi. I legislatore vuole affidarsi alla democrazia diretta. Sono stati i detentori della ragione a cedere le armi alla scienza del prezzo e della quantità, vedendola come occasione per liberarsi di ogni responsabilità. Ma chi si deresponsabilizza finisce per perdere autorevolezza e quindi autorità. Se un medico dice "tutto quello che faccio è applicare La Scienza", un suo errore equivarrà a un fallimento de La Scienza. Il paziente curato male rifiuterà La Scienza, anzichè il suo medico.


Riassumendo. La ragione umana si è inginocchiata al suo lato disumano, la scienza-prezzo (così come il cittadino ha elevato il prezzo ad arbitro del proprio valore). La scienza però periodicamente fallisce, è un'impresa umana. Come il mercato. E così come da troppo mercato emergono i movimenti "anti-liberali", da troppa scienza emergono i movimenti anti-scientifici. Sono due fenomeni paralleli e in entrambi i casi i principali attori delle rispettive sfere (i politici e gli intellettuali) hanno scelto un fanatismo che prometteva efficienza senza responsabilità. Fallendo e subendo la punizione (scomposta e irrazionale) della democrazia.









domenica 27 agosto 2017

La scienza è democratica

Girando ho trovato un bel libro di Richard Feynmann che a pagina 186 dice delle cose che condivido pur non avendole mai pensate.

Another of the qualities of science is that it teaches the value of rational thought, as well as the importance of  freedom of thought; the positive results that come from doubting that the lessons are all true. You must here distinguish - especially in teaching—the science from the forms or procedures that are sometimes used in developing science. It is easy to say, "We write, experiment, and observe, and do this or that." You can copy that form exactly. But great religions are dissipated by following form without remembering the direct content of the teaching of the great leaders. In the same way it is possible to follow form and call it science but it is pseudoscience. In this way we all suffer from the kind of tyranny we have today in the many institutions that have come under the influence of pseudoscientific advisers.

We have many studies in teaching, for example, in which people make observations and they make lists and they do statistics, but they do not thereby become established science, established knowledge. They are merely an imitative form of science—like the South Sea Islanders making airfields, radio towers, out of wood, expecting a great airplane to arrive. They even build wooden airplanes of the same shape as they see in the foreigners' airfields around them, but strangely, they don't fly. The result of this pseudoscientific imitation is to produce experts, which many of you are-experts. You teachers who are really teaching children at the bottom of the heap, maybe you can doubt the experts once in a while. Learn from science that you must doubt the experts. As a matter of fact, I can also define science another way: Science is the belief in the ignorance of experts.

When someone says science teaches such and such, he is using the word incorrectly. Science doesn't teach it;  experience teaches it. If they say to you science has shown such and such, you might ask, "How does science show it—how did the scientists find out-how, what, where?" Not science has shown, but this experiment, this effect, has shown. And you have as much right as anyone else, upon hearing about the experiments (but we must listen to all the evidence), to judge whether a reusable conclusion has been arrived at.

In a field which is so complicated that true science is not yet able to get anywhere, we have to rely on a kind of old-fashioned wisdom, a king of definite straightforwardness. I am trying to inspire the teacher at the bottom to have some hope, and some self-confidence in common sense, and natural intelligence. The experts who are leading you may be wrong.

sabato 11 aprile 2015

La vera scienza si usa

C'è anche il problema della speculazione scientifica. Non nel senso del pensiero, ma nel senso della bolla. Speculativa. Scienza che cresce sul niente. Milioni di articoli che citano se stessi senza dire niente di veramente nuovo o interessante. Le citazioni sono diventate il sale della scienza, promuovono carriere accademiche, aprono i forzieri dei finanziatori, schiavizzano eserciti di postdoc. Le riviste scientifiche vogliono una fetta di questo mercato emergente e chiedono sempre più spesso soldi per la pubblicazione (dando in cambio l'open access). Ma cosa c'è che non va? Come faccio a dire "che cresce sul niente"? Sarà che i miei articoli non vengono altrettanto citati? Invidia?  E i miei colleghi che condividono questa sensazione di apocalisse, sono anche loro invidiosi? Non esiste un modo per far esplodere la bolla? Una misura oggettiva del valore di tutti questi articoli che ci sembrano insensati e che ricevono infinite citazioni?

L'unica cosa che mi viene in mente è - lo riconosco - un po' ingenua, forse irrealizzabile. Aggiungere alla fine di un articolo non solo la bibliografia ma la "usografia". Quali articoli ho veramente usato per la mia ricerca? Non so, in questo momento, come definire inequivocabilmente "uso". Ma so che molte delle citazioni che sommergono certi articoli sono citazioni vuote, citazioni di passaggio, citazioni del tipo "ti cito perchè hai il titolo giusto, perchè sei famoso, perchè hai tante citazioni, ma non so bene neanche che hai scritto". Queste citazioni sono l'origine del disastro. Nella mia ricerca ho sicuramente fatto uso dei risultati di qualcun altro, su cui ho costruito i miei. Ma sono pochi. Pochi buoni articoli di altri sono la vera base della mia ricerca. Ho usato pochi buoni articoli, per fare la mia ricerca. E se la mia ricerca è buona qualcun altro la userà. Solo una ricerca usata è una ricerca che merita.

Un tempo, quando mi chiedevo cosa fosse vero per la scienza, mi fermavo al pensiero feyerabendiano del "è scienza quel che viene accettato dalla comunità scientifica, è vero quel che viene riconosciuto vero dalla grande impresa collettiva chiamata scienza", ma non mi domandavo cosa volesse dire "riconoscere vero". A ripensarci, credo che "riconoscere vero" vuol dire "usare".

Ora bisogna capire cosa vuol dire "usare".,,

[edit del gennaio 2017: mi e' venuto in mente un modo di quantificare automaticamente il livello d'uso della citazione; in ogni articolo le citazioni vengono fatte a "gruppo" o "singole", si potrebbe distinguere dando basso peso alle prime e alto alle seconde]