venerdì 31 marzo 2017

Fine, mezzi, ideologie

Un esempio ovvio della (trita) complessita' del mondo e' la (forse meno trita) osservazione che una gran parte dei fenomeni a cui assistiamo hanno molte - separate e spesso indipendenti - cause.

E che quindi ogni analisi di un fenomeno problematico che si concentra troppo su una sola causa, perorando la sua rimozione come mezzo per raggiungere rapidamente la soluzione, e' fallace.

Questa osservazione spesso manca. Ma a volte c'e' e - paradossalmente - e' usata nel modo sbagliato, ovvero per dimostrare che una certa causa non e' davvero una causa.

L'uso piu' elementare della logica ci insegna invece che una condizione puo' essere necessaria ma non sufficiente. E che dunque e' tanto sbagliato concentrarsi su una sola causa, quanto fare il suo opposto, cioe' dedurre dalla sua insufficienza la sua inesistenza.

Questi due errori speculari sono forse un'eredita' del nostro millenario monoteismo su cui si sono fondate filosofie, letterature e soprattutto politiche.

Mi pare nel 1990, pochi giorni dopo aver visto sul mio videoregistratore il documentario La cosa di Nanni Moretti (che per molti e' una lezione di cinema e di giornalismo, ma per me fu soprattutto affascinante angoscia, inorridita confusione: a 16 anni avevo appena cominciato a pensarmi comunista...) andato in onda troppo tardi sulla rai, la mia prof di Italiano ci parlo' di Machiavelli e Guicciardini e dopo diverse letture e lezioni ci chiese - forse un po' per gioco - di prendere una parte, dare una preferenza. Mi dispiacque scoprire che io preferivo Machiavelli e lei Guicciardini.

Forse oggi mi e' piu' chiaro che il fine puo' essere unico, ampio e universale, ma questa sua unita' non va estrapolata ai mezzi. Che sono tanti e diversi e possono persino essere in contrasto tra loro. Se - motivati da un fine sintetico - si cerca nei mezzi la stessa sintesi, si finisce per fare ideologia.

Tutto questo mi e' venuto da pensare, riflettendo su euro e no-euro, in questi giorni di dibattito che mi sembra sempre piu' popolato di sordi urlatori. Con pochissime (non necessariamente simpatiche, ma comunque illuminanti) eccezioni. Anche nel dibattito populisti/nazionalisti vs. liberali/globalisti, anche qui con pochissime eccezioni.




lunedì 13 marzo 2017

Un pensiero semplice, su genitori e figli

Spero di non sbagliarmi (uso il senso e l'esperienza, che è poca). Mi sembra che un genitore ha maggiori speranze di dare un contributo positivo alla crescita dei propri figli se è felice e consapevole delle ragioni di questa felicità. Parlo ovviamente di convergenze statistiche, in media, in varianza, in distribuzione, fate voi.

Vedo come un fatto positivo la percezione di frequenti momenti di piacere concreto e - insieme - la capacità di giustificarli, di contestualizzarli in un percorso di crescita personale.

Ad esempio: la lettura. Leggere è bello concretamente, non per principi tramandati e astratti. E' bello perchè riempie di divertimento molti pezzi di tempo e infonde nei nostri pensieri vagonate di storie e personaggi che arricchiscono le nostre conversazioni, illuminano il nostro stare con gli altri, il nostro guardare il mondo. Se ho avuto fortuna nell'innamorarmi è anche perchè ho letto molto. Se ho capito rapidamente che lavoro volevo fare (e ci ho azzeccato), è anche perchè ho letto molto.

Ma di esempi ce ne sono infiniti: tante cose della scuola "servono" alla felicità, alla libertà, al controllo della vita, anche solo a difendersi dalla tristezza o dalla depressione. E la scuola è piena di strade sbagliate, che diventano subito evidenti (e quindi giuste) se le si guarda alla luce della nostra felicità attuale.

Collegare le cose con cui siamo cresciuti alla nostra felicità è una chiave per essere genitori migliori.