”Dov’è il denaro per fare tutto questo?”. “Il denaro? – feci io – non costruirete mica le case col denaro? Volete dire che non ci sono abbastanza mattoni e calcina e acciaio e cemento?”. “Oh no – rispose – c’ è abbondanza di tutto questo. “Allora intendete dire che non ci sono abbastanza operai?”. “Gli operai ci sono, e anche gli architetti”. Bene, se ci sono mattoni, acciaio, cemento, operai e architetti, perché non trasformare in case tutti questi materiali?”.
(Keynes, intervista alla BBC 12/4/1942 - citata ad esempio da Report nella puntata "Gli austeri")
Vorrei scrivere un post essenziale, ma questa volta essenziale potrebbe non voler dire breve.
Mi guida l'ignoranza. Pensieri anarchici (e filosofici!) sull'economia. Che sono stati fatti da molti altri nel corso dei secoli e ripetuti, migliorati, digeriti (e defecati) centinaia di volte. Ma tanto nessuno mi legge e quindi non mi vergogno di essere vergognosamente ingenuo. So bene, ad ogni modo, che la storia dell'economia parte grosso modo da
lì.
Mi guida anche (o soprattutto) una certa insoddisfazione. I testi di economia non sono chiari. Forse studiando di più lo diventerebbero. Anche un testo di fisica, persino uno divulgativo, può non essere chiaro a chi non ha studiato abbastanza. Daccordo. Ma c'è un però. La fisica la devono sapere i fisici, non è strettamente necessario che la sappiano i cittadini. L'economia invece sarebbe importante che la sapessero tutti. Per motivi misteriosi la fisica si studia a scuola, l'economia no...
Quindi provo a fare una cosa sbagliatissima. Provo a farmi l'economia.... da solo. E comincio appunto da una domanda che mi pongo spesso. Si può misurare la ricchezza? E se sì, come?
Nei fumetti la ricchezza è un forziere pieno di monete. Per un cittadino "medio" come me, il concetto ingenuo ricchezza = soldi in banca può essere un punto di partenza non troppo ridicolo. Ma.
Usiamo i soldi "posseduti" per misurare la ricchezza di qualunque entità? Ad esempio: c'è il conto in banca dello stato? La banca d'italia ha un forziere? Incredibile a dirsi, la risposta è sì. Nel
forziere della banca d'Italia ci sono 2452 tonnellate d'oro, un valore di circa 77 miliardi di euro, quarta riserva al mondo (dopo fed, buba e fmi). Non è poco, ma neanche tantissimo: poco più di 1000 euro a persona... Non è certo questa la ricchezza dello Stato Italiano. Nè tantomeno quella degli italiani.
Esistono altre forme di ricchezza materiale: cose che hanno un valore e che non sono soldi o metalli preziosi. Io ho una casa. Lo stato ha palazzi, monumenti, il demanio, il territorio. Un imprenditore ha i mezzi di produzione, essenziali alla creazione di nuova ricchezza. E poi esistono forme di ricchezza immateriale: c'è la conoscenza (ad esempio tecnologica), c'è la salute (signora mia). E soprattutto c'è il credito. E questo mi ricorda che ho un mutuo da pagare.
Il credito complica parecchio le cose: per misurare la mia ricchezza devo sottrarre dal conto in banca il totale del mutuo da restituire (inclusi gli interessi)? Se lo facessi (e se non contassi il valore dell'appartamento che ho comprato, insistendo a guardare solo il conto in banca) sarei enormemente in rosso, ma è chiaro che non ha molto senso: infatti se la banca mi ha prestato dei soldi è perché ha fiducia in me, sa che glieli restituisco in 30 anni, posso dimenticarmene e continuare a condurre la mia vita da benestante. Quindi non sono mostruosamente povero, sono solo un normale debitore. E la banca che mi ha prestato i soldi? Li conta come suoi, o no, quei soldi che mi ha prestato? Quelli sono i soldi dei correntisti, li deve contare per forza come suoi. Quei soldi insomma ce li abbiamo sia io sia la banca che me li ha prestati. Meglio: non ce li ho più io, ma il signore che mi ha venduto casa, che li avrà messi nella sua banca (se non ci si è comprato un'altra casa). Quindi quei soldi ce li ha la mia banca e un'altra banca. Questa storia lo so come va a finire: grazie all'obbligo di riserva le banche non possono moltiplicare all'infinito la ricchezza (comunque virtuale, visto che in tutti questi prestiti e acquisti di soldi veri se ne vedono pochissimi). Ma ora questo discorso non mi interessa tanto, almeno per il momento.
Resta il fatto che quando il credito compare sulla scena, il discorso sulla ricchezza diventa sfuggente, si ingarbuglia, perde di oggettività. Un commercialista, immagino, sa come gestire crediti e debiti dal punto di vista contabile. Un bilancio dovrebbe contenere la ricetta giusta per risolvere il mio problema (misurare la ricchezza di una persona, di un'imprenditore, di uno stato, di un paese). In effetti in un bilancio contano le derivate, se nel tempo la ricchezza entra o esce, se i debiti aumentano o diminuiscono, se i debitori pagano, se i creditori hanno fiducia etc. Ed è vero che un certo grado di ambiguità c'è: le cifre nei bilanci possono avere diverse interpretazioni, ci si possono leggere sfumature diverse. Si tratta soprattutto di un'informazione dinamica. Produzione, consumo, entrate, uscite, debiti, crediti.
E così anche per un paese. So che la macroeconomia ha stabilito nel corso dei secoli gli indicatori di contabilità che misurano la dinamica della ricchezza di un paese: il famigerato pil - che a quanto pare era com'è oggi già nella testa di Adam Smith (fine del '700) - ci dice subito che il conto in banca non ci interessa, ma ci interessa quello che compriamo (o - equivalentemente - quello che produciamo).
Ma se la ricchezza di un paese è quel che produce, come fa qualcuno a dire "non si produce perchè non ci sono i soldi per farlo"? Che vuol dire? Per produrre di più devo produrre di più?
Mi viene in mente un concetto semplice della meccanica: la barriera di potenziale. Se qualcuno mi presta dell'energia supero la barriera e magari dall'altra parte trovo un minimo più profondo, restituisco l'energia che mi hanno prestato e ne ho dell'altra tutta per me. I progressi tecnologici degli ultimi secoli sono anche questo: barriere di potenziale scoperte e superate. Investimenti (energia pagata per scavalcare un ostacolo) che hanno spalancato grandi ritorni economici, o immensi giacimenti di energia. L'energia nucleare è un esempio, tanto quanto il benessere occidentale. Queste ricchezze erano nel nostro pianeta, nascoste in una maniera solo apparentemente diversa da un filone d'oro. La ricchezza dunque è nascosta in "dimensioni" che non conosciamo. E se non le conosciamo sono potenzialmente infinite.
E' soltanto questo? Se siamo poveri (meglio: non abbastanza ricchi) è perché non abbiamo trovato nuova ricchezza, dobbiamo continuare a cercare?
Sarebbe così se la ricchezza, man mano che sgorga dai giacimenti dimensionali, si distribuisse ragionevolmente tra tutti. Gli economisti che mi sembrano amichevoli (studierò, prometto) giurano che la "distribuzione della ricchezza" è il risultato di una contrattazione tra gli uomini, tra gli stati e tra le classi sociali, e non il risultato inderogabile di un bilancio tra forze su cui non possiamo agire.
La ricchezza che già c'è nel mondo, nel corso degli ultimi decenni ha cambiato mano molte volte. Abbiamo avuto anni, in occidente, di crescita del benessere collettivo. La direzione è poi cambiata e al benessere collettivo è rimasta un'inerzia in via di smorzamento. Negli stati uniti ad esempio è successo questo:
Ma se quel che ho scritto finora ha un senso, è chiaro che questo scollamento tra produzione e retribuzioni non può finire bene. La ricchezza che non è andata distribuita, dov'è finita? In qualche forziere? Ma non significa questo tornare a nasconderla? La prima naturale risposta è che (buona parte di) quel che non finisce in retribuzione finisce in capitale per nuovi investimenti. Si potrebbe ad esempio pensare che la differenza tra la curva blu e la rossa qui sopra sia stata investita in altri stati e che quindi sia andata a generare (dissotterrare) ricchezza in altre parti del mondo. E' un'ipotesi ottimistica, ma di sicuro negli ultimi decenni c'è stato un aumento degli standard di vita in molti paesi fuori dal "circolo" dei paesi occidentali già ricchi. Le cose sembrerebbero tornare (che tornino quantitativamente è tutto da vedere, chissà se qualcuno ha mai analizzato flussi globali di quesot tipo). A
quanto pare però le cose non tornano più tanto negli ultimi tempi.
Azzardo una conclusione "poetica". La ricchezza non è un dato materiale che può esaurirsi, è piuttosto un continuo scaturire dalla "terra" (una terra metaforica, una miniera infinita), tramite lavoro, inventiva e organizzazione. I soldi non servono.
(Pochi giorni dopo questo post un amico mi ha fatto notare questa bellissima
infografica )
(e qualche giorno dopo ancora ho scoperto questo interessante dibattito tra (neo?)liberisti sul perchè dei - persistentemente - bassissimi tassi di interesse, da cui emerge (cioè gli è sfuggita) un'interessante verità: il
global saving glut concetto proposto nel 2005 da
Bernanke e ritirato fuori sempre da lui nel
2015 anche se non del tutto accettato come spiegazione da
noisefromamerika)
(e qualche giorno dopo ancora ho scoperto che c'è un simpatico dibattito in corso su come misurare la ricchezza nel mondo: Oxfam ha pubblicato un
rapporto sulla diseguaglianza globale misurando la ricchezza sulla base di un
rapporto di CreditSuisse in cui i debiti vengono sottratti per determinare il patrimonio degli individui; il giornalista Felix Salmon ha
criticato questa scelta, Oxfam ha
risposto e Salmon ha
risposto ancora)